«Il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16): Messaggio del Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina del 2024

24 липня 2024 року

Prot. ВА 24/207

«IL VANGELO È POTENZA DI DIO PER LA SALVEZZA DI CHIUNQUE CREDE» (Rm 1, 16):

Messaggio del Sinodo dei Vescovi
della Chiesa greco-cattolica ucraina del 2024
al clero, ai monaci e alle monache e ai fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina

Mentre discorrevano e discutevano insieme,
Gesù in persona si accostò e camminava con loro
(Lc 24, 15).

Cari fratelli e sorelle in Cristo!

Noi, vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina provenienti dall’Ucraina e da varie parti del mondo, dal 2 al 12 luglio ci siamo riuniti per il Sinodo annuale ai piedi dell’icona miracolosa della Madre di Dio di Zarvanytsia. Per la prima volta dall’inizio dell’invasione su vasta scala, tutti i Vescovi della nostra Chiesa sono venuti a Zarvanytsia per stare insieme ai loro fedeli, per condividere il loro dolore e le loro preoccupazioni. Ogni giorno abbiamo innalzato preghiere per una pace giusta e per la fine della guerra, iniziata in modo criminale e insidioso dalla Russia contro il nostro popolo e contro l’Ucraina libera. Nei giorni del nostro Sinodo la brutalità russa ha oltrepassato un altro limite: per spezzare la nostra volontà di resistere, il nemico ha attaccato i più vulnerabili, i bambini malati provenienti da tutto il paese e ricoverati per le cure presso l’ospedale pediatrico centrale di Kyiv. Ma contrariamente a questo piano vergognoso, abbiamo sperimentato solidarietà e gentilezza: migliaia di persone hanno tolto le macerie degli edifici distrutti, hanno offerto rifugio ai feriti e in poche ore hanno raccolto fondi per la ricostruzione dell’ospedale. In questa tragedia abbiamo visto tutto ciò che è più terribile e più nobile di cui una persona è capace. Abbiamo visto che al centro della nostra volontà di resistere c’è l’umanità e l’empatia.

Nonostante il terribile contesto, abbiamo cercato risposte di come predicare il Vangelo di Cristo durante queste prove e sofferenze, come evangelizzare, come essere annunciatori di speranza per il nostro prossimo e per il mondo esterno. Questo è stato il tema principale del nostro Sinodo.

Il nostro popolo continua il suo pellegrinaggio verso la piena libertà dalla schiavitù dell’impero del male che — prima sotto forma della Russia zarista e comunista, e ora sotto forma del regime criminale di Putin — ha negato e continua a negare il diritto stesso degli ucraini di esistere e di costruire la propria esistenza alla luce della verità di Dio e della legge di Dio. Non dimentichiamo, e non lasciamo che il mondo dimentichi che l’occupazione russa porta morte e crimini contro l’umanità. Questo è un genocidio ripetuto. Questi sono i divieti ripetuti della nostra Chiesa, che ancora una volta risorge con il suo popolo.

Nella sofferenza degli ucraini si rivela in modo nuovo il cammino terreno del nostro Salvatore, che i nemici hanno odiato senza ragione (cfr. Gv 15, 25), consegnato per invidia (cfr. Mc 15, 10), torturato con feroce cattiveria (cfr. Gv 19, 3) e ucciso senza pietà sulla croce (Mc 10, 34). Annunciando le Sue passioni, Gesù Cristo ha dato ai suoi discepoli un’infallibile promessa di resurrezione: «il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà» (Mc 10, 33–34). Mentre gli apostoli udivano queste parole, difficilmente si rendevano conto di ciò che avrebbero dovuto passare e, forse, pensavano più alla promessa del Regno che alla morte del Maestro. Pertanto, il giorno del Venerdì Santo sembrò a ciascuno di loro la fine. Persino dopo le prime notizie della Resurrezione, i due discepoli sulla strada di Emmaus sono preoccupati, vengono assaliti da numerosi dubbi e domande.

Nelle terribili condizioni della guerra anche nella società ucraina si annidano molti dubbi e domande che noi, pastori, non possiamo ignorare anche se non abbiamo una risposta esauriente. Spesso la preghiera del nostro popolo ci ricorda il grido di un salmista che sperimenta la solitudine e la giustizia disprezzata.

Dobbiamo scoprire da soli la presenza di Cristo nel nostro pellegrinaggio, come lo hanno sperimentato i due discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24, 13–23). Confusi e stanchi, si sono lasciati illuminare e riscaldare il cuore dalla parola di Dio che risuonava dalla bocca del Risorto, e poi hanno riconosciuto Lui stesso nello spezzare il pane. Allo stesso modo noi, come Chiesa e popolo, siamo chiamati ad essere illuminati dalla parola di speranza, verità e vita di Dio e a rafforzarci con il cibo celeste: il Santissimo Corpo e Sangue del nostro Salvatore. In essi il Signore ci dona la garanzia della vittoria e della vita eterna, sulla quale la morte non ha più alcun potere perché portiamo dentro di noi il deposito della resurrezione, secondo l’infallibile promessa di Cristo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6, 54).

Carissimi in Cristo, lasciamoci fortificare dalla Parola di Dio perché in essa vi è lo Spirito e la vita (cfr. Gv 6, 63), fonte e garanzia della nostra speranza! Quando sentiamo le sirene, quando da ogni angolo ci giungono fiumi di notizie devastanti, quando lo sconforto, la paura e la disperazione si diffondono intorno a noi, prendiamo in mano la Sacra Scrittura, portiamo le nostre pene e i nostri dolori davanti a Dio e insieme cerchiamo la luce e la forza necessaria. Dopotutto, San Paolo ci assicura, e l’esperienza millenaria del nostro popolo e della nostra inflessibile Chiesa martire ci conferma, che «il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16).

La potenza di Dio, come il soffio vivificante del Salvatore risorto, ci ravviva tutte le volte che la Chiesa annuncia il Vangelo di Cristo agli uomini moderni. Questo annuncio (kerygma) rende vividamente presente l’azione del Signore nella nostra vita di oggi. Questa parola viva della Buona Novella sulla resurrezione di Cristo, sull’amore di Dio per noi, sul perdono dei peccati e sulla comunione della vita eterna è una trasmissione, a chiunque crede, della fonte stessa della nostra speranza e della forza della resilienza cristiana. Esso [l’annuncio] non ci parla delle opere passate di Dio, ma del fatto che Egli agisce in relazione a ciascuno di noi personalmente proprio oggi mediante la forza e l’azione dello Spirito Santo. Quando il nemico semina morte e vuole catturarci nel suo regno di disperazione e sfiducia, la Chiesa di Cristo porta nella sua predicazione vita e resurrezione, speranza di salvezza a chiunque crede e lo conduce alla comunione dei Sacramenti. Ecco perché diffondere questa Parola evangelica in tutte le dimensioni della nostra vita personale e sociale affinché la sua forza permei la cultura attuale e la sua luce trasformi il modo di pensare e di agire dell’uomo (evangelizzazione), e trasmmettere la fede a quanti non hanno ancora conosciuto Cristo, è il cuore della missione di tutti i Suoi discepoli nostri contemporanei. Riguarda noi, specie coloro che sono chiamati al ministero della Parola di Dio, la frase di Santo Apostolo Paolo: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9, 16).

Invitiamo tutti i fedeli della nostra Chiesa a leggere quotidianamente la Parola di Dio e a meditarla nelle comunità parrocchiali dell’apostolato biblico. Le nostre famiglie siano il primo luogo dove il tesoro della fede viene trasmesso alle nuove generazioni di cristiani, dove si pratica la preghiera comune e la lettura della Sacra Scrittura, e dove diverse generazioni si rafforzano a vicenda con la testimonianza della fede e di amore paziente e fedele. Ricordiamo però che la Parola di Dio conduce sempre alla comunione dei Sacramenti e si compie nella Liturgia della Chiesa di Cristo nel modo in cui ardeva il cuore dei discepoli sulla via di Emmaus quando Gesù parlava loro lungo la strada ma potevano conoscerlo solo nello spezzare il pane, nella comunione con la Sua vita e la resurrezione nel Sacramento dell’Eucaristia (Lc 24, 35).

Le conseguenze dei bombardamenti russi sono evidenti, in particolare sotto forma di morti e di mutilazioni dei cittadini ucraini. Ci sono però ferite sul corpo della nostra gente di cui nelle cronache quotidiane ne sentiamo parlare meno. Ci riferiamo al peso che ricade sulle famiglie ucraine che seppelliscono i loro morti, si prendono cura dei feriti, cercano i dispersi e condividono la sindrome post-traumatica dei veterani. Stanno diventando minacciose per la nostra società le statistiche sui divorzi, sulle famiglie divise, sui familiari sparsi in tutto il mondo. Continuiamo quindi a impegnarci per prestare una speciale attenzione pastorale alle nostre famiglie. Invitiamo i pastori e l’intera comunità dei fedeli a prendersi cura di famiglie delle vittime e di tutti coloro che soffrono accanto a noi, si sentono soli o abbandonati. È opportuno ricordare qui le parole di Papa Benedetto XVI, che ha sottolineato: «La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario. Al contempo però la caritas-agape travalica le frontiere della Chiesa; la parabola del buon Samaritano rimane come criterio di misura, impone l’universalità dell’amore che si volge verso il bisognoso incontrato „per caso“ (cfr. Lc 10, 31), chiunque egli sia. Ferma restando questa universalità del comandamento dell’amore, vi è però anche un’esigenza specificamente ecclesiale — quella appunto che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno» (Enciclica «Dio è amore», 25).

Portando nell’anima e nel corpo le profonde ferite che la guerra ci ha già inflitto e ci infligge ogni giorno, «accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno» (cfr. Ebr 4, 16). In particolare, accostiamoci spesso al Sacramento della Confessione e non esitiamo a portare tutte le nostre ferite, disagi e malattie al Signore misericordioso — Medico delle anime e dei corpi — nel Sacramento dell’Unzione. È in questi Sacramenti, chiamati dalla Chiesa Sacramenti di guarigione, che il nostro Salvatore e Signore vuole avvolgerci con il Suo amore misericordioso e riversare il balsamo risanatore della Sua grazia sulle nostre anime e sui nostri cuori addolorati. Lasciamo Glielo fare! Lasciamo che Egli ci guarisca ogni giorno, superando gli effetti della guerra con la forza dell’amore di Dio e restituendoci una nuova speranza e una nuova vita.

Questa vita nuova è la vita di Cristo crocifisso e risorto in noi, che si manifesta al mondo nei nostri atti di amore misericordioso e compassionevole. Pertanto, in mezzo a tutte le prove e le sofferenze dei nostri giorni, non molliamo ma continuiamo a fare del bene a tutti, e specialmente ai nostri «fratelli in fede» (cfr. Gal 6, 10), ai nostri fratelli e sorelle sofferenti nella nostra terra natale, l’Ucraina. Ripetiamo l’appello del nostro Messaggio dell’anno scorso, che deve rimanere per noi una guida nelle nostre decisioni e nelle azioni quotidiane: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12, 21)! Se ognuno di noi ogni giorno compie almeno una buona azione concreta, passo dopo passo avvicineremo sempre di più la vittoria della verità di Dio.

Vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine a tutti coloro che stanno ormai mostrando al mondo la vita del Signore risorto nel nostro popolo: ai nostri difensori, volontari, medici e cappellani che si uniscono nell’amore e nel sacrificio di sé con Cristo e danno l’esempio dell’amore più alto che dà la vita per i suoi amici (cfr. Gv 15, 13).

Inviamo le parole di cristiana consolazione a tutti coloro che piangono i loro morti o cercano i dispersi, e assicuriamo loro la nostra orante vicinanza. Preghiamo per i feriti e i traumatizzati, per la liberazione dei prigionieri e dei deportati forzatamente, per tutti coloro che si trovano sotto l’occupazione temporanea e per i nostri fratelli e sorelle nella diaspora.

Ringraziamo i fratelli e le sorelle nella fede e tutte le persone di buona volontà del mondo che si ricordano di noi, che ci sostengono e pregano con noi e per noi, confermandosi insieme a noi nella fede e nella speranza pasquale. Invochiamo su tutti la misericordia sconfinata di Dio, la forza di Dio e l’intercessione della nostra Madre Celeste, Santissima Theotokos.

Ricordando il grande dono del Battesimo per il nostro popolo, desideriamo rinnovare le nostre promesse di fedeltà a Cristo e, allo stesso tempo, rafforzare la nostra fede e speranza pasquale. Come suoi discepoli, come figli della resurrezione, crediamo fermamente che verrà immancabilmente il nostro «terzo giorno»: il giorno della resurrezione, il giorno della vittoria della verità e dell’amore sul peccato, sull’odio e sull’inferno, l’alba limpida della nostra Pasqua ucraina!

Animati da questa fede e da questa speranza cristiana già ora, in mezzo alle prove e alle sofferenze, annunciamo al mondo intero la buona novella della salvezza con le parole dell’Apostolo delle Nazioni: «Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2 Cor 4, 8–11).

Possa lo Spirito di Dio continuare a guidarci e a ravvivarci, possa renderci strumenti dell’amore di Dio e della pace di Dio e annunciatori di speranza e di vita! Possano la Santa Madre di Dio, i santi e i beati della terra ucraina intercedere per noi su questo cammino!

Possa la benedizione di Dio onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo scendere sul nostro popolo e rimanere con tutti noi per sempre!

A nome del Sinodo dei Vescovi
della Chiesa greco-cattolica ucraina

† SVIATOSLAV

Dato a Kyiv,
presso la Cattedrale Patriarcale della Resurrezione di Cristo,
il giorno del Santo Principe Volodymyr Uguale agli Apostoli,
chiamato Basilio nel santo Battesimo,
15 luglio 2024 A. D.

Chiediamo i sacerdoti di leggere questo Messaggio ai fedeli dopo ogni Divina Liturgia domenica 4 agosto di quest’anno.

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